chi verrebbe arruolato in Italia

Leva militare con guerra alle porte: chi verrebbe arruolato in Italia?

L’escalation in Medio Oriente con il coinvolgimento degli Usa, ha riacceso il dibattito in Italia sull’attuazione della leva militare. Sebbene formalmente sospesa dal 2004, la coscrizione obbligatoria può essere ripristinata in caso di dichiarazione di guerra e carenza di personale volontario. Le ultime notizie sottolineano che la decisione spetterebbe al Presidente della Repubblica su delibera delle Camere, e che le categorie arruolabili includerebbero militari in servizio, ex volontari e cittadini civili maschi idonei tra i 18 e i 45 anni. Quindi, ecco chi verrebbe arruolato in Italia, le procedure, le esenzioni e le implicazioni per i civili.

Le categorie da richiamare

In caso di conflitto ufficiale, i primi a rispondere alla chiamata sarebbero i militari già in servizio: appartenenti all’Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza. A seguire, verrebbero richiamati gli ex volontari che hanno cessato il servizio nei cinque anni precedenti, una riserva strategica capace di fornire personale preparato. Solo in extremis si passerebbe ai civili idonei: uomini tra i 18 e i 45 anni iscritti alle liste di leva, inseriti fin dal compimento del diciassettesimo anno nei registri comunali.

La legge prevede che, se risulta insufficiente il personale volontario, lo Stato possa ordinare il richiamo di questi civili. Uomini di età compresa tra i 18 e 45 devono sottoporsi a visite mediche per valutare l’idoneità fisica. Chi non risulta idoneo viene classificato come “rivedibile” per inabilità temporanea o “riformato” se permanentemente escluso.

Le donne non sono incluse per normativa vigente, e il personale di polizie civili, vigili del fuoco e polizia locale è escluso per legge. Queste categorie rimangono fuori dalla possibile mobilitazione.

Iter normativo e obbligo costituzionale

La Costituzione prevede un obbligo di difesa della patria senza possibilità di rifiuto, inserito nell’articolo 52. Il servizio è sospeso, ma non abolito, e può essere riattivato con decreto del Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei Ministri e ratifica parlamentare entro 48 ore. Lo stato di guerra, deliberato dalle Camere secondo l’articolo 78, costituisce il presupposto necessario alla chiamata.

La leva è formalmente sospesa dal 2004 con legge n. 226, ma il suo ripristino è previsto dall’articolo 1929 del codice militare (d.lgs. 66/2010). Di conseguenza, non è necessario un nuovo provvedimento legislativo: un decreto presidenziale è sufficiente a battere il “fermo della leva”.

Chi rifiutasse di rispondere rischierebbe sanzioni penali per renitenza alla leva. L’unico motivo valido di esonero è una comprovata inidoneità sanitaria, confermata da una visita. Chi rifiuta senza motivo può incorrere in arresto da 6 mesi a 2 anni.

Opinione pubblica e prospettive politiche

Un sondaggio commissionato all’IstitutoPiepoli ha rilevato che il 44% degli italiani sarebbe pronto ad arruolarsi, in caso di grave necessità, mentre il 75% dichiara forte attaccamento alla patria. Tuttavia, solo il 30% si dice disposto a farlo per ragioni belliche; la maggioranza preferisce servizi in risposta a calamità o pandemie.

Sul fronte politico è in discussione una proposta di legge della Lega, mirata a istituire una “riserva ausiliaria” volontaria composta da volontari congedati negli ultimi 5 anni, fino a 10.000 unità. Lo scopo è attivarla in crisi internazionali o emergenze nazionali, con autorizzazione parlamentare in 48 ore.

Parallelamente, vi sono proposte di leva breve obbligatoria per giovani tra 18 e 26 anni, con scelte tra formazione militare o civile territoriale. L’obiettivo è garantire esercizi di protezione civile, tutela del patrimonio, educazione al senso civico.

Impatti pratici su civili e società

L’eventuale arruolamento di civili maschi comporterebbe mobilitazioni progressive. Prima i volontari recenti, poi gli uomini idonei fino a 45 anni. Il richiamo è gestito tramite liste di leva aggiornate annualmente dai Comuni. Queste procedure richiedono visite mediche, controllo idoneità e certificazioni adatte.

Dal punto di vista economico e occupazionale, la Costituzione garantisce che il servizio non pregiudichi l’occupazione né i diritti politici. Tuttavia, difficoltà organizzative potrebbero emergere per le aziende con lavoratori richiamati, richiedendo flessibilità e adeguate compensazioni.

Se l’Italia dovesse essere coinvolta in un conflitto, la leva militare potrebbe tornare attiva. L’iter richiederebbe dichiarazione di guerra, decreto presidenziale e convocazione progressiva di personale in servizio, ex volontari e civili idonei tra i 18 e i 45 anni. L’obbligo è sancito dalla Costituzione senza possibilità di rifiuto, salvo eccezioni mediche. Il tema resta controverso in Italia, sia tra l’opinione pubblica sia a livello politico, con proposte di riserve ausiliarie e servizio breve obbligatorio, ma anche con interrogativi su sostenibilità e impatto sociale.

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